LA RIVISTA - Famiglia, lavoro, politica (e altro) «Conciliare è difficile, ma si può fare»

Di Barbara Gianetti Lorenzetti

Fatevi raccontare da Michela Ris i contenuti della sua agenda e vi verrà sicuramente il sospetto che abbia trovato il modo per far durare le giornate ben oltre le canoniche 24 ore. Moglie, madre, professionista in ambito contabile-fiduciario, municipale, granconsigliera sono solo alcuni dei ruoli che ricopre. Roba da salti mortali, insomma. «Conciliare tutto è difficile, lo ammetto – afferma – ma si può fare. Il segreto è avere una solida rete di sostegno e sapersi organizzare. Certo – aggiunge sorridendo divertita – non sono sicura che anche un uomo ci riuscirebbe…». La incontriamo nella sua casa di Ascona, dove, nell’Esecutivo, è responsabile dei dicasteri Finanze e Cultura. Mentre racconta i suoi esordi in politica, accarezza i riccioli chiarissimi di Edoardo, due anni, che – interessato alle attività della mamma – ha deciso di salirle in braccio per ascoltarla. Anche lei, del resto, di cosa pubblica ha sentito parlare fin dall’infanzia.

 

Sulle orme di papà Urs

«In casa – ricorda – era un argomento molto presente, visto che papà Urs ha militato per molti anni in Consiglio comunale. Mai però, a quell’epoca, avrei pensato di candidarmi». Un’ipotesi che le viene proposta al suo rientro in Ticino dopo gli studi a Losanna. «Ma nemmeno allora ero convinta». L’inizio del rapporto con la locale sezione del PLR passa per un’altra via: «Ne divenni cassiera ed ebbi così i primi contatti diretti». Nel 2008 il padre Urs lasciò il Legislativo asconese, passando l’ideale testimone all’altro figlio, Filippo. «Mentre lui veniva eletto – prosegue la municipale e granconsigliera – io diventavo vicepresidente sezionale. La prima candidatura che accettai fu quella nel 2012, sia per il Municipio sia per il Consiglio comunale». Entrò dunque a far parte del secondo e terminò la corsa come prima subentrante per il primo. «Fu così che nel 2014, quando Francesco Ressiga Vacchini decise di lasciare, presi il suo posto». Insomma, un salto di livello quasi casuale, che è però stato fondamentale per gli sviluppi successivi. «In effetti mi spinse ad accettare la candidatura al Consiglio nazionale che mi venne proposta l’anno dopo. Senza alcuna esperienza e, devo ammettere, anche un po’ impreparata, mi sono lanciata piena di entusiasmo ed è stata un’esperienza tosta. Tutto sommato ho fatto anche una bella votazione. . Bisogna, insomma, trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Sono necessarie le condizioni favorevoli, un po’ di fortuna, ma poi a fare la differenza è soprattutto la passione. Anche per aiutare a gestire al meglio il grande impegno necessario e per affrontare senza perdersi d’animo le inevitabili delusioni».

 

Una poltrona con qualche spina

In seno al Municipio asconese Michela Ris, come detto, ha, fra l’altro, assunto il ruolo di capo dicastero Finanze. È stato automatico, vista la sua professione? «Direi di sì: il settore era già nelle mani di Ressiga Vacchini e, essendogli subentrata, l’ho “ereditato” quasi automaticamente, anche perché avevo l’esperienza e la formazione per poterlo fare». Una poltrona che una volta poteva essere ambita per la sua… comodità, ma che oggi presenta qualche spina. Come in altre realtà comunali, anche le finanze asconesi hanno risentito della crisi e pure l’Esecutivo del borgo è stato costretto a una drastica “spending review” per mantenere l’equilibrio. Come ha vissuto tale metamorfosi la capo dicastero? «Fino al 2017 era decisamente più semplice, soprattutto grazie alle entrate assicurate da quella che ancora si chiamava tassa sugli utili immobiliari, la cosiddetta (e tanto amata, ndr.) TUI. Con la decisione cantonale di non riversarla ai Comuni, le cose sono cambiate drasticamente e anche noi siamo stati costretti ad analizzare con il microscopio conto per conto, tagliando là dov’era possibile. Con, fra l’altro, un margine di manovra sempre minore, considerando che le spese sulle quali possiamo davvero intervenire come enti locali si attestano fra il 7 e il 10 per cento del totale. Il resto sono oneri, diciamo così, imposti, per i quali non abbiamo voce in capitolo». L’obiettivo dell’Esecutivo asconese è comunque sempre stato quello di risparmiare, senza penalizzare la qualità di vita dei cittadini e i servizi a loro disposizione. «Alla fine – aggiunge Ris – sono convinta che siamo riusciti a fare un buon lavoro comunque. Ascona è un Comune ideale dove vivere, per ogni fascia d’età. Ognuno trova quanto cerca: le famiglie ottime scuole (da quelle dell’infanzia al liceo del Collegio Papio), i giovani adulti molte possibilità di svago su un bellissimo territorio e un ampio ventaglio di attività sportive (dal golf alla vela, dal tennis al pattinaggio, solo per fare pochi esempi). Senza parlare della grande offerta turistica (oltre ai ristoranti, alberghi davvero di tutte le categorie) e di quella culturale. Tutto questo pur riuscendo a mantenere le finanze in attivo. Nel 2020, anno del covid-19, abbiamo chiuso i conti con un avanzo d’esercizio di poco inferiore ai 20  mila franchi, mentre lo scorso anno abbiamo sfiorato quota 1,4 milioni».

 

 

Soldi ben spesi quelli per la cultura

Per tornare al settore culturale, almeno in apparenza i suoi due dicasteri parrebbero in antitesi. C’è infatti chi sostiene che investire per la cultura sia uno sperpero di denaro. Cosa risponde? «Che sono soldi ben spesi. Nel complesso a tale ambito destiniamo circa un milione all’anno e il ritorno c’è, sia in affluenza sia in immagine. Un esempio evidente è stato quello della mostra di cracking art. Gli animali variopinti disseminati per piazze e viuzze del borgo hanno attirato una miriade di visitatori, oltre ad aver veicolato il nome di Ascona in tutto il mondo, soprattutto attraverso i social. Sulla falsariga di quell’esperienza vincente, quest’anno abbiamo in programma, in collaborazione con il dicastero turismo,  l’allestimento del progetto Heartbeats un’esposizione itinerante di cuori sul piazzale Torre. Opere che saranno poi vendute per beneficenza  ». Ma anche l’attività all’interno del Museo comunale d’arte moderna contribuisce alla. “reputazione culturale” del borgo affacciato sul Verbano. «Pensiamo solo all’esposizione dello scorso anno dedicata a Michelangelo Pistoletto, che – oltre ad aver generato un buon incremento del numero delle entrate – ha veicolato ovunque la nostra immagine». Il sogno di Ris per la cultura asconese «è quello di organizzare eventi per i quali si formi la coda davanti all’entrata del museo.  Quest’anno ci proveremo con le mostre dedicate alla scultrice ucraina naturalizzata americana Louise Nevelson (1899-1988) , attualmente esposta in Piazza San Marco a Venezia in occasione della Biennale, e l’anno prossimo con l’artista, architetto e designer italiana, scomparsa nel 2020, Nanda Vigo, le cui opere sono state ospitate nel 2019 al Palazzo Reale di Milano. Due protagoniste importanti, scelte anche per valorizzare ulteriormente l’arte declinata al femminile, sulla falsa riga dell’impegno di Marianne von Werefkin, “anima” ideatrice del nostro museo che proprio quest’anno ha festeggiato i 100 anni della sua fondazione».

 

Il sogno del moltiplicatore al 70%

Visto che siamo in tema di sogni, chiediamo alla nostra interlocutrice di esprimerne uno anche per le finanze, tema che – almeno a prima vista – si presta meno ai voli della fantasia. «In generale vorrei poter continuare a lavorare in tutta tranquillità, magari contando sull’arrivo di qualche nuovo buon contribuente che permetta di erogare servizi di qualità a beneficio dell’intera comunità. Certo, i sogni di ogni capo dicastero sono spesso legati al moltiplicatore d’imposta. Ad oggi non possiamo certo lamentarci: credo che, assieme a Orselina, il nostro attuale 75 % sia il più basso del Locarnese. Mi piacerebbe tanto, però, poter tornare al 70 %. Ma, si sa, una cosa sono i sogni e un’altra è la realtà…». È invece stata ben reale, nel 2019, l’elezione in Gran Consiglio, dove Ris siede anche nella Commissione costituzione e leggi. Come mai quel passo ulteriore? «Dopo la campagna per il Nazionale, l’esperienza a livello superiore mi interessava molto. Senza contare che per un municipale può anche essere utile sedere nel Legislativo cantonale. Certo, ho cominciato con una legislatura difficile, fortemente influenzata dalla pandemia di covid-19. Al di là del lavoro concreto, l’esperienza mi intrigava come mezzo per accrescere la mia esperienza attraverso i rapporti con i colleghi, ma il fatto di operare molto online (soprattutto in ambito commissionale) è stato piuttosto limitativo. In Parlamento, poi, i tempi sono decisamente lunghi; a volte troppo per chi è abituato ai ritmi di un Municipio. . In generale, comunque, non posso che giudicare arricchente l’approdo a Bellinzona, che mi ha permesso di ampliare gli orizzonti della visione politica».

 

Il piccolo Edoardo e il cellulare

Mentre la chiacchierata prosegue, Edoardo perde interesse e allunga sicuro il piccolo indice verso il cellulare della mamma. «Non c’è sicuramente da spiegargli come funziona – sorride quest’ultima -, a due anni si può già considerarlo un perfetto nativo digitale…». Ma le attenzioni necessarie sono altre e non è sempre facile garantirle. «Me ne sono resa conto fin dall’inizio e, considerato che mio marito Matteo è spesso assente (impegnato all’estero per la sua azienda specializzata in energie rinnovabili, ndr.), già quando ero incinta ho cominciato a darmi da fare per costruirmi la famosa rete di sostegno di cui parlavo all’inizio, in modo da non togliere nulla al piccolo ma garantendo anche a me la possibilità di continuare con le mie attività. Un esercizio per il quale è necessario essere perfettamente organizzati. Alla fine il cambiamento maggiore è stata la rinuncia a una delle due commissioni di cui facevo parte in Gran Consiglio». Un aiuto fondamentale viene dalla ragazza alla pari giunta in casa quando Edoardo era piccolo e alla quale è stata data, nel contempo, la possibilità di proseguire la propria formazione  e laurearsi. «Anche i nonni ci sostengono – prosegue Ris -, soprattutto quando ci sono impegni serali. Per il resto ce la caviamo e mi ritengo molto fortunata perché, lavorando con mio padre, ho la possibilità di rendere flessibile il mio tempo. Questo, assieme alla, diciamo così, energia in esubero che mi spinge a essere sempre attiva (a volte anche troppo…) mi ha permesso finora di conciliare i molteplici impegni. ».

 

A misura di famiglia tradizionale

Anche guardando all’esperienza di amiche e conoscenti, Ris sottolinea poi come i problemi maggiori si pongano quando i figli raggiungono l’età scolare. «Ho l’impressione che finché i bambini sono relativamente piccoli vi siano varie possibilità di sostegno per il loro accudimento. Le cose cambiano, però, quando sono più grandicelli, perché il nostro sistema scolastico mi sembra ancora molto a misura di famiglia tradizionale». Di conseguenza conciliare necessità domestiche e lavoro diventa a volte davvero un esercizio acrobatico. «E ho l’impressione che questo influisca anche sulla presenza minoritaria delle donne in politica. Molti degli appuntamenti e delle riunioni si svolgono infatti la sera e, dopo una giornata di lavoro, può diventare complicato doversi nuovamente assentare per immergersi in un’altra attività altrettanto impegnativa».

 

 

Tempo libero nonostante tutto

Una prospettiva che, almeno per ora, non spaventa Michela Ris, alla quale non resta ovviamente molto tempo libero. «Però, proprio grazie a una buona organizzazione, alla fine ne ho comunque e lo impiego ovviamente in modo prioritario trascorrendolo con la famiglia. I momenti privilegiati sono i fine settimana, durante i quali mi piace anche coltivare le relazioni sociali. Spesso con le amiche uniamo l’utile al dilettevole e ci incontriamo assieme ai bambini. A volte cerco poi di concedermi ancora qualche momento in palestra nella pausa pranzo o sul campo da golf, mentre le visite alle mostre in veste di municipale mi permettono di coltivare anche l’interesse per l’arte».

Michela Ris