Dada non significa nulla. Il rifiuto della razionalità e l’apertura al cambiamento.
La parola Dada significa tutto e niente e il dadaismo ha fatto tabula rasa del passato, proponendo una visione nuova dell’arte e della società. La contraddizione è la chiave di lettura di un movimento che non chiede di essere capito o analizzato proprio perché – quale novità nella storia dell’arte – non ha proposto un codice e nemmeno un elenco di regole riconoscibili e convincenti. È un movimento senza programma che ha messo in dubbio e stravolto le convenzioni dell’epoca.
Sono passati cent’anni. La scena si svolge a Zurigo nell’allora affascinante – e oggi chic – quartiere Niederdorf, siamo nel leggendario Cabaret Voltaire. I personaggi sono i principali artisti e intellettuali del momento come Hans Arp, Hugo Ball, Emmy Hennings, Richard Huelsenbeck, Tristan Tzara, tra i tanti che animavano un clima che possiamo solo immaginare.
Quella fredda, ingessata città, da quel momento non sarebbe più stata la stessa. Quel contesto sociale borghesemente convenzionale sarebbe saltato. Le certezze, il senso della misura, la pacifica convivenza tra gente pacata che fino ad allora erano stati il soggetto di un ritratto sbiadito, di un acquarello leggero, non sarebbero durati.
I Dadaisti contestavano la guerra allo stesso modo delle gerarchie e dell’ordine, facendo dell’irrazionalità e della follia le loro armi più efficaci. Questi ragazzi ribaltarono la città con la forza delle loro idee anticonvenzionali in ogni ambito e genere: il rifiuto della razionalità si espresse attraverso gesti dissacratori e ogni mezzo fu lecito per arrivare al fine ultimo di distruggere l’arte convenzionale e poter quindi ripartire con una nuova arte, non più legata ai valori borghesi ma coincidente con la vita stessa. Un movimento breve, che ha avuto lo scopo di distruggere l’arte convenzionale, che avrà poi la sua matrice positiva nel Surrealismo.
Oggi Zurigo è una città internazionale, ma come allora segna e ispira il nostro tempo ritornandoci un insegnamento: volendo si cambia, ma ci vogliono le energie e le idee.
I dadaisti allora hanno dato il via a un cambiamento totale della città, proponendo la “contraddizione” come mezzo per combattere un benessere sonnacchioso, impolverato e apatico.
La modernità di quel movimento, viene oggi suggerita nel nostro Museo, attraverso le figure di Marcel Duchamp e di molti altri artisti del gruppo internazionale Fluxus.
Accogliamo questo evento con molto entusiasmo, nell’Ascona di oggi, per taluni a volte assopita ma vogliosa di fare. Ricordandoci che alcuni di quei ragazzi giovani e geniali interagirono con il Borgo, contribuendo a renderlo in qualche modo mitico.
È questa una realtà che impone uno scatto di orgoglio e volontà per rilanciare oggi il nostro Borgo, anche facendo alcuni passi indietro nella storia passata in modo da prendere meglio la rincorsa verso il nostro domani.
Questo mostra, ci aiuta a riflettere sulle nostre contraddizioni. È una proposta, un progetto ideale per noi tutti che vogliamo vedere un futuro diverso dal passato, ma ugualmente di successo.
Ma il dadaismo è veramente finito? Forse no. Allo stesso modo di cent’anni fa, in questi ultimi anni abbiamo osservato la rivoluzione dei social network. Si è trattato di un cambiamento radicale nella comunicazione e nei rapporti umani così come li conoscevamo e ha ribaltato le convenzioni offrendoci identità, reputazione e riferimenti che un tempo erano un bene esclusivo e oggi sono una messa in scena globale su un palcoscenico che non esiste.
Si tratta di una delle opere dadaiste tra le più riuscite, direi.
Michela Ris, capodicastero cultura del Comune di Ascona